Adam Smith: Del salario del lavoro
In origine, prima della rendita e dell’accumulazione di fondi, tutto il prodotto del lavoro apparteneva al lavoratore.
“Se questa situazione fosse durata, i salari del lavoro sarebbero aumentati insieme ai progressi delle capacità produttive cui dà luogo la divisione del lavoro. Tutte le cose sarebbero gradualmente diventate meno care, sarebbero state prodotte con una minor quantità di lavoro e, dal momento che in questa situazione le merci prodotte da eguali quantità di lavoro sarebbero state scambiate naturalmente l’una con l’altra, sarebbero state comprate con una quantità minore di lavoro”.
Ma con l’avvento della proprietà privata, il proprietario esige una quota di quasi tutti i prodotti che il lavoratore può far derivare da essa. Il lavoratore in questo caso è colui che non riesce con i fondi accumulati ad anticipare il materiale del suo lavoro per il tempo necessario a rivendere i propri prodotti; è questo che lo fa dipendere da altri.
I salari del lavoro dipendono ovunque dal contratto stipulato tra lavoratore e padrone; le difficoltà economiche del primo e la sua “dipendenza” dal padrone, fanno capire come questi ultimi possano più facilmente fare i propri interessi (abbassando i salari ecc).
Smith introduce poi il concetto di coalizione:
- quelle dei lavoratori: sono tese a far valere gli interessi dei lavoratori; ce ne sono molte ma la legge spesso le vieta data la loro violenza. Quasi mai portano a vantaggi per i lavoratori.
- quelle dei padroni: non se ne sente molto parlare; ma solo perché sono tacite, sì che chi infrangerle è considerato ovunque atto riprovevole
Esistono determinate circostanze che naturalmente portano ad aumenti del salario (aumento della domanda dei lavoratori, conseguenza di un accumulo di sovrappiù da parte di proprietari fondiari o padroni). “Non è la grandezza assoluta della ricchezza nazionale, ma il suo aumento continuo, che dà luogo a un aumento dei salari del lavoro. Difatti non è nei paesi più ricchi ma in quelli che lo stanno diventando o in cui la ricchezza cresce più rapidamente, che i salari del lavoro sono più alti”.
Smith ritiene che il segno più chiaro di prosperità di un Paese sia l’aumento della popolazione al suo interno. In Inghilterra raddoppia ogni 500 anni, in America del Nord in 25 anni. Mentre in Inghilterra i figli sono quasi un peso, in America sono una fonte di guadagno, perché portano a casa molti soldi ancor prima di diventare indipendenti.
Salario in Gran Bretagna : tale salario non è il minimo di sussistenza, come in altri Paesi stazionari o in via di regresso. A prova di ciò porta due fatti:
- il fatto che per molti lavoratori il salario si divide in estivo e invernale, e che quello estivo è maggiore di quello invernale; questo non sarebbe possibile se fosse di minima sussistenza, dato il fatto che in periodo invernale si spenderebbe di più (per riscaldamento ecc) e si guadagnerebbe di meno.
- Il fatto che i salari non fluttuano allo stesso modo del prezzo dei viveri
- Le variazioni di prezzo e di salari spesso vanno in direzioni opposte
- Il grano è meno caro in Inghilterra che in Scozia, ma in Inghilterra i salari sono più alti
[Globalizzazione?: “questa differenza di prezzi (quella tra salari di città e salari di periferia), che
non sempre sembra sufficiente a far trasferire un uomo da una parrocchia all’altra, basterebbe a provocare un enorme trasporto delle merci più voluminose non solo da una parrocchia all’altra ma da un capo all’altro del paese e persino da un capo all’altro del mondo” (globalizzazione anticipata)]
A questo punto Smith parla del prezzo minimo di sussistenza (considerato, in base a stime di altri, 20 pence a testa settimanali) e dell’effetto sui prezzi delle merci portato dall’avvento di nuove tecnologie (come l’aratro). Contro le male parole dei ricchi nei confronti dei lavoratori dei ceti più bassi che pretendono di avere di più dai loro salari, Smith risponde che, dal momento che i lavoratori più umili costituiscono la maggioranza della popolazione nella società, allora non sarà difficile constatare che un loro arricchimento debba essere visto come un miglioramento della società (non doveva essere visto male, come facevano i padroni)
La povertà non frena la procreazione, tuttavia limita le possibilità di vita dei nascituri.
Efficienza del lavoro: la remunerazione liberale del lavoro incoraggia la moltiplicazione della gente comune (a causa degli eventuali aumenti dei salari) e ne aumenta l’operosità e l’efficienza. “Ecco perché l’esperienza di tutti i secoli e di tutte le nazioni mostra che il lavoro fatto dagli uomini liberi risulta in definitiva meno caro di quello eseguito dagli schiavi”. Smith ritiene poi che se i capitalisti incitassero i lavoratori ad applicarsi in maniera ragionevole e non eccessiva nel loro lavoro, ne conseguirebbe per loro stessi un vantaggio in termini di qualità di servizio prestato. Infatti, pensa che l’eccessivo lavoro porti a infermità peculiari per ciascun genere di attività, e quindi minor efficienza.
…in anni di abbondanza (dunque di bassi prezzi dei viveri): i servi abbandonano spesso i loro padroni e provano ad avviare da soli un’attività (meno offerta di lavoro). Allo stesso tempo i padroni, dato il basso prezzo dei viveri, sono incoraggiati a richiedere più lavoratori (più domanda di lavoro). Dal che ne consegue un aumento dei salari
…in anni di scarsità (dunque di alti prezzi dei viveri): i servi, date le difficoltà, tornano ansiosi a servire i padroni (più offerta di lavoro). Allo stesso tempo l’alto prezzo dei viveri costringe i padroni a diminuire i lavoratori (meno domanda di lavoro). Ne consegue una diminuzione dei salari.
A questo punto Smith cita Messence, uno scrittore francese che fece un’indagine sulla produttività in funzione del prezzo dei viveri. Tale scrittore dimostrò nei suoi scritti che in anni di alti prezzi dei viveri, ovvero anni di scarsità, le principali fabbriche registrarono i minori prodotti annuali, mentre in anni di abbondanza di viveri, dunque di bassi prezzi, esse ebbero i picchi di produzione. Questo significa che in genere i lavoratori lavorano meglio in anni di bassi prezzi e di abbondanza piuttosto che in quelli di scarsità. Questo discorso, afferma Smith, vale per le fabbriche nazionali ma non per quelle i cui prodotti sono destinati alla vendita all’estero. In queste infatti il prodotto è funzione della domanda di tali paesi esteri, e non dell’abbondanza o scarsità di viveri all’interno del proprio Paese.
NONOSTANTE “le variazioni del prezzo del lavoro non solo non corrispondano sempre a quelle del prezzo dei viveri, ma vadano spesso in senso opposto, tuttavia il prezzo monetario del lavoro è necessariamente regolato da due circostanze, la domanda di lavoro e il prezzo delle cose necessarie e comode della vita”.
Dunque : aumento di salari – aumento del prezzo di molte merci – minor consumo di tali merci – aumento della capacità produttiva (determinato dall’aumento dei salari e dalla necessità di organizzare bene il lavoro da parte dei proprietari i quali forniscono le migliori macchine da lavoro).
“Se questa situazione fosse durata, i salari del lavoro sarebbero aumentati insieme ai progressi delle capacità produttive cui dà luogo la divisione del lavoro. Tutte le cose sarebbero gradualmente diventate meno care, sarebbero state prodotte con una minor quantità di lavoro e, dal momento che in questa situazione le merci prodotte da eguali quantità di lavoro sarebbero state scambiate naturalmente l’una con l’altra, sarebbero state comprate con una quantità minore di lavoro”.
Ma con l’avvento della proprietà privata, il proprietario esige una quota di quasi tutti i prodotti che il lavoratore può far derivare da essa. Il lavoratore in questo caso è colui che non riesce con i fondi accumulati ad anticipare il materiale del suo lavoro per il tempo necessario a rivendere i propri prodotti; è questo che lo fa dipendere da altri.
I salari del lavoro dipendono ovunque dal contratto stipulato tra lavoratore e padrone; le difficoltà economiche del primo e la sua “dipendenza” dal padrone, fanno capire come questi ultimi possano più facilmente fare i propri interessi (abbassando i salari ecc).
Smith introduce poi il concetto di coalizione:
- quelle dei lavoratori: sono tese a far valere gli interessi dei lavoratori; ce ne sono molte ma la legge spesso le vieta data la loro violenza. Quasi mai portano a vantaggi per i lavoratori.
- quelle dei padroni: non se ne sente molto parlare; ma solo perché sono tacite, sì che chi infrangerle è considerato ovunque atto riprovevole
Esistono determinate circostanze che naturalmente portano ad aumenti del salario (aumento della domanda dei lavoratori, conseguenza di un accumulo di sovrappiù da parte di proprietari fondiari o padroni). “Non è la grandezza assoluta della ricchezza nazionale, ma il suo aumento continuo, che dà luogo a un aumento dei salari del lavoro. Difatti non è nei paesi più ricchi ma in quelli che lo stanno diventando o in cui la ricchezza cresce più rapidamente, che i salari del lavoro sono più alti”.
Smith ritiene che il segno più chiaro di prosperità di un Paese sia l’aumento della popolazione al suo interno. In Inghilterra raddoppia ogni 500 anni, in America del Nord in 25 anni. Mentre in Inghilterra i figli sono quasi un peso, in America sono una fonte di guadagno, perché portano a casa molti soldi ancor prima di diventare indipendenti.
Salario in Gran Bretagna : tale salario non è il minimo di sussistenza, come in altri Paesi stazionari o in via di regresso. A prova di ciò porta due fatti:
- il fatto che per molti lavoratori il salario si divide in estivo e invernale, e che quello estivo è maggiore di quello invernale; questo non sarebbe possibile se fosse di minima sussistenza, dato il fatto che in periodo invernale si spenderebbe di più (per riscaldamento ecc) e si guadagnerebbe di meno.
- Il fatto che i salari non fluttuano allo stesso modo del prezzo dei viveri
- Le variazioni di prezzo e di salari spesso vanno in direzioni opposte
- Il grano è meno caro in Inghilterra che in Scozia, ma in Inghilterra i salari sono più alti
[Globalizzazione?: “questa differenza di prezzi (quella tra salari di città e salari di periferia), che
non sempre sembra sufficiente a far trasferire un uomo da una parrocchia all’altra, basterebbe a provocare un enorme trasporto delle merci più voluminose non solo da una parrocchia all’altra ma da un capo all’altro del paese e persino da un capo all’altro del mondo” (globalizzazione anticipata)]
A questo punto Smith parla del prezzo minimo di sussistenza (considerato, in base a stime di altri, 20 pence a testa settimanali) e dell’effetto sui prezzi delle merci portato dall’avvento di nuove tecnologie (come l’aratro). Contro le male parole dei ricchi nei confronti dei lavoratori dei ceti più bassi che pretendono di avere di più dai loro salari, Smith risponde che, dal momento che i lavoratori più umili costituiscono la maggioranza della popolazione nella società, allora non sarà difficile constatare che un loro arricchimento debba essere visto come un miglioramento della società (non doveva essere visto male, come facevano i padroni)
La povertà non frena la procreazione, tuttavia limita le possibilità di vita dei nascituri.
Efficienza del lavoro: la remunerazione liberale del lavoro incoraggia la moltiplicazione della gente comune (a causa degli eventuali aumenti dei salari) e ne aumenta l’operosità e l’efficienza. “Ecco perché l’esperienza di tutti i secoli e di tutte le nazioni mostra che il lavoro fatto dagli uomini liberi risulta in definitiva meno caro di quello eseguito dagli schiavi”. Smith ritiene poi che se i capitalisti incitassero i lavoratori ad applicarsi in maniera ragionevole e non eccessiva nel loro lavoro, ne conseguirebbe per loro stessi un vantaggio in termini di qualità di servizio prestato. Infatti, pensa che l’eccessivo lavoro porti a infermità peculiari per ciascun genere di attività, e quindi minor efficienza.
…in anni di abbondanza (dunque di bassi prezzi dei viveri): i servi abbandonano spesso i loro padroni e provano ad avviare da soli un’attività (meno offerta di lavoro). Allo stesso tempo i padroni, dato il basso prezzo dei viveri, sono incoraggiati a richiedere più lavoratori (più domanda di lavoro). Dal che ne consegue un aumento dei salari
…in anni di scarsità (dunque di alti prezzi dei viveri): i servi, date le difficoltà, tornano ansiosi a servire i padroni (più offerta di lavoro). Allo stesso tempo l’alto prezzo dei viveri costringe i padroni a diminuire i lavoratori (meno domanda di lavoro). Ne consegue una diminuzione dei salari.
A questo punto Smith cita Messence, uno scrittore francese che fece un’indagine sulla produttività in funzione del prezzo dei viveri. Tale scrittore dimostrò nei suoi scritti che in anni di alti prezzi dei viveri, ovvero anni di scarsità, le principali fabbriche registrarono i minori prodotti annuali, mentre in anni di abbondanza di viveri, dunque di bassi prezzi, esse ebbero i picchi di produzione. Questo significa che in genere i lavoratori lavorano meglio in anni di bassi prezzi e di abbondanza piuttosto che in quelli di scarsità. Questo discorso, afferma Smith, vale per le fabbriche nazionali ma non per quelle i cui prodotti sono destinati alla vendita all’estero. In queste infatti il prodotto è funzione della domanda di tali paesi esteri, e non dell’abbondanza o scarsità di viveri all’interno del proprio Paese.
NONOSTANTE “le variazioni del prezzo del lavoro non solo non corrispondano sempre a quelle del prezzo dei viveri, ma vadano spesso in senso opposto, tuttavia il prezzo monetario del lavoro è necessariamente regolato da due circostanze, la domanda di lavoro e il prezzo delle cose necessarie e comode della vita”.
Dunque : aumento di salari – aumento del prezzo di molte merci – minor consumo di tali merci – aumento della capacità produttiva (determinato dall’aumento dei salari e dalla necessità di organizzare bene il lavoro da parte dei proprietari i quali forniscono le migliori macchine da lavoro).