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Diritto privato 2 (FAMIGLIA)
1) Cenni generali
La famiglia intesa nella concezione odierna nasce con il Code Napoleon e viene definita famiglia
nucleare, composta solo dai coniugi e dai loro figli, in contrapposizione alla più antica famiglia
patriarcale, composta anche da ascendenti e collaterali.
Nel nostro attuale sistema la famiglia viene annoverata tra le formazioni sociali, di cui all’art.2
COST, ma viene considerata anche nei disposti degli artt. 29, 30 e 31.
Troviamo poi alcune sentenze della Corte costituzionale, che inquadrano il ruolo e l’identità della
famiglia stabilendo che:
• la famiglia è la migliore formazione sociale dove l’individuo possa svolgere la propria
personalità.
• qualora la famiglia sia una mera convivenza more uxorio non è protetta dall’art. 29.
• la famiglia non è legittima se il genitore naturale non ha coniuge né figli legittimi.
• la famiglia è tutelata anche in caso di divorzio, sia essa la prima o la seconda.
2) Parentela e affinità
Si definisce parentela quel vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite (art. 74). Tale
parentela, che non è riconosciuta dalla legge oltre il sesto grado (art. 77), può essere:
· in linea retta: sono parenti in linea retta le persone di cui una discende dall’altra (art. 75). In
questo tipo di parentela si computano altrettanti gradi quante sono le generazioni, escluso lo
stipite (art. 76).
· in linea collaterale: sono parenti in linea collaterale quelle persone che non discendono
l’una dall’altra (art. 75). In questo tipo di parentela i gradi si computano dalle generazioni,
salendo da uno dei parenti fino allo stipite comune e da questo discendendo all’altro parente,
escluso lo stipite (art. 76).
Si definisce affinità quel vincolo tra un coniuge e i parenti dell’altro coniuge: nella linea e nel grado
in cui taluno è parente d’uno dei coniugi, egli è affine dell’altro coniuge. Tale affinità non cessa in
caso di morte, ma soltanto in caso di annullamento del matrimonio (art. 78).
3) Profilo storico
Code Napoleon: nasce la famiglia in senso moderno. Forte subordinazione della moglie e dei figli
nei confronti del marito, impianto sociale fortemente autoritario.
Codice civile italiano del 1865: riflette largamente l’impianto del Codice francese.
Importante innovazione: introduzione dell’istituto del matrimonio civile, che tuttavia non comporta
la parallela introduzione del divorzio.
Negli anni a seguire la posizione della donna, pur mantenendo una condizione di forte
subordinazione, vive un lento miglioramento, sia da un punto di vista giuridico che sociale.
Ventennio fascista: la donna assume un ruolo molto dignitoso da un punto di vista sociale, in
quanto responsabile della riproduzione e fonte di incremento della popolazione; ma mantiene, e per
certi versi peggiora, la sua posizione di assoluta nullità politico-giuridica.
1929, Patti Lateranensi, nuova forma di matrimonio, il matrimonio concordatario, cui vengono
riconosciuti i medesimi effetti del matrimonio civile.
Alessandro Zanini – Privato II (prof.Passagnoli)
Costituzione repubblicana: prospettiva della famiglia completamente modificata. I principi che
possiamo considerare fondanti della disciplina della famiglia sono i seguenti:
· il potere autonomo della famiglia rispetto allo Stato.
· la parità morale e giuridica dei coniugi.
· i diritti dei figli e le provvidenze a favore dei minori in caso di incapacità dei genitori.
· i medesimi diritti attribuiti sia ai figli legittimi sia ai figli nati fuori dal matrimonio.
· la protezione accordata ai figli non riconosciuti dai genitori naturali.
La famiglia viene intesa come società naturale.
[E le famiglie di fatto sono tutelate in quanto rientrano nella categoria di formazione sociale]
Con la Costituzione si sono realizzati due aspetti fondamentali:
· la completa e perfetta parificazione della donna e dell’uomo all’interno della famiglia.
· la protezione del minore sia all’interno che all’esterno della formazione sociale, con la
conseguente trasformazione della patria potestas da mero diritto del padre a diritto-dovere di
entrambi i coniugi.
Riforma del diritto di famiglia (l. 151/'75): apportata una serie di modifiche in materia:
· innalzamento dell’età per contrarre matrimonio.
· parificazione del rapporto tra i coniugi nella direzione della famiglia.
· abolizione della separazione per colpa.
· introduzione del regime di comunione dei beni.
· abolizione dell’istituto del patrimonio familiare, sostituito con il fondo patrimoniale.
· miglioramento della posizione successoria del coniuge e dei figli naturali.
· previsione dell’intervento del giudice in alcuni casi di contrasto coniugale relativo alla
direzione della vita familiare. Elemento controverso della riforma: la discussione politica,
infatti, paventando la possibilità che un intervento del giudice potesse minare l’autonomia
familiare, ha disposto che il potere d’intervento fosse utilizzabile solo in casi eccezionali.
Donna formalmente in una posizione di perfetta parità nei confronti del marito.
Eliminato lo status subiectionis della donna sia sul piano morale, sia su quello economico, sia su
quello successorio, attraverso la protezione dello svolgimento della sua personalità sia all’interno
che all’esterno della famiglia. [Esempio è l'abolizione della separazione per colpa]
Minore trasformato dalla riforma in un soggetto, sebbene non sui iuris, in procinto di diventarlo;
perciò risulta destinatario di diritti che ne tutelano la posizione nella società.
4) Ritardo della legislazione rispetto all’evoluzione del costume
Il diritto di famiglia, dovendo fare i conti con il proliferare di nuove realtà familiari ed essendo
comprensibilmente in ritardo, costringe la giurisprudenza a trovare delle soluzioni alle fattispecie
non ancora regolate dal legislatore.
A questo si aggiunge anche il fatto che il legislatore, anche quando si mostri sensibile all’evolversi
del costume, non sempre riesce ad abbracciarne tutti gli aspetti evolutivi.
Possiamo prendere in esame due esempi:
· nella legge sulla fecondazione medicalmente assistita, il legislatore si è limitato a vietare la
surrogazione di maternità, introducendo una pena pecuniaria.
Di conseguenza, dato anche lo scarso valore di deterrenza della norma, non ha di fatto
disciplinato la materia: non c'è legge per i bambini che nascono con due mamme.
· il divieto della crioconservazione degli embrioni salvo precario stato di salute della donna,
crea una situazione difficilmente compatibile con altri due divieti imposti dal legislatore,
ovvero quello di sopprimere gli embrioni e quello di impiantarli post mortem.
Se il padre muore prima che la situazione di salute della donna si risolva, e gli embrioni
vengono impiantati nell’utero della madre, questi non possono essere né soppressi né
impiantati post mortem.
Una serie di divieti non costituisce disciplina.
Alessandro Zanini – Privato II (prof.Passagnoli)
5) Diritto di famiglia – diritto privato
Tradizionalmente concepito come esterno al diritto privato, si riteneva materia di diritto pubblico.
In origine, infatti, lo Stato ha sentito il bisogno di sottrarre la materia familiare all’autonomia
privata, ritenendo maggiormente corretto imporre delle regole dall’esterno.
La sfera dei doveri è stata poi in parte soppressa, maggior rilievo hanno le individualità.
Si ritiene comunque che, nonostante il diritto di famiglia sia branca di diritto privato, la sua
specialità giustifichi importanti deroghe ai principi del diritto privato in materia di:
• autonomia negoziale
• responsabilità civile
6) Nozione di famiglia
La nozione di famiglia è di volta in volta funzionale alla volontà del legislatore:
· art. 536: il legislatore ricomprende nella famiglia i coniugi, i figli legittimi e naturali e gli
ascendenti.
· art. 565.: il legislatore aggiunge al disposto dell’articolo precedente i collaterali e gli altri
parenti.
· art. 1023: il legislatore, trattandosi del diritto all’uso ed all’abitazione, ricomprende i figli
adottivi, oltre a quelli legittimi e naturali, gli affiliati e le persone che convivono con il
titolare del diritto per prestargli i loro servizi.
· art. 230: il legislatore, in materia di impresa familiare, ricomprende i coniugi, i parenti entro
il terzo grado e gli affini entro il secondo.
La famiglia di fatto ha sempre maggior importanza: ad esempio nell’art.317 bis viene data
rilevanza alla convivenza dei genitori, che diventa elemento vincolante per l’esercizio della potestà.
A seguito della riforma sul diritto di famiglia del 1975, la situazione di fatto della convivenza
diventa situazione di pieno diritto.
In giurisprudenza, obblighi non rilevanti giuridicamente hanno assunto indirettamente rilevanza
giuridica attraverso la fattispecie delle obbligazioni naturali: due conviventi che adempiono
all'obbligo di contribuzione cui sono tenuti i coniugi, non compiono una liberalità senza causa, e in
quanto tale ripetibile; danno invece adempimento ad un'obbligazione naturale, irripetibile.
Alessandro Zanini – Privato II (prof.Passagnoli)
1) MATRIMONIO
MATRIMONIO COME ATTO
Il matrimonio è un negozio giuridico bilaterale.
La disciplina del matrimonio varia a seconda che si tratti di:
· matrimonio civile
· matrimonio religioso
canonico, che in seguito al Concordato (1929) ha il privilegio di avere, con la
trascrizione sui registri dello stato civile, effetti civili.
secondo i culti ammessi
Promessa di matrimonio
L'ordinamento tende a lasciare i maggiori margini di libertà possibili. Ne è una conseguenza:
art.79: la promessa di matrimonio non obbliga a contrarlo né ad eseguire ciò che fosse convenuto
per il caso di non adempimento.
[In eccezione al principio di irrilevanza dei motivi, il promittente può chiedere la restituzione dei
doni fatti a causa della promessa di matrimonio, se questo non viene contratto, ex art.80]
Si può agire, ex art.81, per il risarcimento del danno, con i seguenti limiti:
· può essere chiesto solo se la promessa è stata fatta con atto pubblico o scrittura privata.
· può essere chiesto solo se i nubendi sono maggiorenni.
· la delusione della promessa deve essere avvenuta senza giusto motivo.
· il danno consiste in spese fatte e obbligazioni assunte a causa della promessa, nei limiti in
cui tali spese corrispondono alla condizione delle parti.
L'azione si prescrive in un anno dal giorno del rifiuto di celebrare il matrimonio.
Presupposti
I presupposti del matrimonio civile sono:
• età: i nubendi devono essere maggiorenni, fermo restando che il tribunale può autorizzare al
matrimonio, per gravi motivi, chi abbia compiuto sedici anni (art.84)
• capacità naturale: non può contrarre matrimonio l’interdetto per infermità di mente (art.85)
• libertà di stato: non può contrarre matrimonio chi è vincolato da un matrimonio precedente
(art.86)
• assenza di impedimenti derivanti da parentela, affinità o adozione, elencati all'art.87
• assenza di delitto, consumato o tentato da uno dei nubendi a carico del coniuge dell’altro
(art.88)
• non sussistenza di lutto vedovile, che dura trecento giorni dallo scioglimento del precedente
vincolo di matrimonio, ma cessa dal giorno in cui la gravidanza è terminata (art.89)
• disparità di sesso
Alessandro Zanini – Privato II (prof.Passagnoli)
Pubblicazione e celebrazione
La celebrazione del matrimonio deve essere preceduta dalla pubblicazione (artt.93 e ss.), necessaria
per dare modo a chiunque voglia opporsi al matrimonio di venirne a conoscenza.
L’opposizione, che ha l’effetto di sospendere la celebrazione del matrimonio, può essere fatta, ai
sensi dell'art.102, da:
· genitori e, in mancanza, parenti entro il terzo grado
· eventuale tutore o curatore di uno dei nubendi
· coniuge della persona che vuole contrarre altro matrimonio
La celebrazione del matrimonio avviene pubblicamente dinanzi all’ufficiale di stato civile.
Può essere fatta anche per procura, ma solo per i militari in di guerra e per i residenti all’estero, ex
art.111. Tale procura, che può essere revocata, deve contenere l’indicazione della persona con la
quale il matrimonio si deve contrarre e perde ogni effetto centottanta giorni dopo il suo rilascio.
Matrimonio concordatario
Indica il matrimonio canonico con effetti civili. Tale matrimonio deve essere seguito dalla lettura
degli artt.143, 144, riguardanti i diritti e i doveri dei coniugi. Deve poi essere trascritto sui registri
dello stato civile, entro il limite di cinque giorni, cosa che non può avvenire:
· se i coniugi erano già uniti in matrimonio civile tra loro o con un’altra persona
· se i coniugi non hanno l’età prescritta dalla legge e non hanno ottenuto l’autorizzazione
· se uno dei coniugi sia interdetto per infermità di mente
· se tra i coniugi esiste un impedimento che la legge civile considera inderogabile
INVALIDITA'
La disciplina dell’invalidità del matrimonio ha caratteri molto particolari:
· nullità: ex art.117, il matrimonio è nullo se contratto in violazione degli artt. 84, 86, 87 e 88.
Nullità relativa, i soggetti legittimati a proporre l’azione di nullità sono:
i coniugi
gli ascendenti prossimi
il pubblico ministero
tutti coloro che vi abbiano un interesse legittimo e attuale
· annullabilità: il matrimonio è annullabile se vi è interdizione (art. 119), incapacità naturale
(art. 120), violenza, errore o timore (art. 122). L’errore riguarda l’identità e le qualità
personali, tra le quali si considerano le malattie fisiche o psichiche, le anomalie sessuali,
l’esistenza di una condanna per delitto non inferiore ai cinque anni, la dichiarazione di
delinquenza o lo stato di gravidanza determinato da terzi.
Sanatoria: questi vizi tuttavia sono sanati dalla coabitazione, se questa perdura per un anno dopo la
cessazione della violenza, la scoperta dell’errore, la cessazione dello stato di incapacità.
Effetti del matrimonio invalido, ex art.128, sono:
· i figli sono sempre legittimi anche quando vi sia mala fede di entrambi i genitori, salvo che
la nullità dipenda da bigamia o incesto
· i coniugi:
se sono in mala fede il matrimonio non produce effetti tra di loro.
se sono in buona fede, o uno di essi era in tale stato, si ha il matrimonio putativo,
ovvero la nullità vale solo per l’avvenire, mentre gli effetti prodotti valgono a favore
di entrambi i coniugi o solo di quello che era in buona fede.
Alessandro Zanini – Privato II (prof.Passagnoli)
MATRIMONIO COME RAPPORTO
• DIRITTI E DOVERI
I diritti e i doveri legati al diritto di famiglia sono disciplinati dagli articoli:
art.143: con il matrimonio:
• entrambi i coniugi acquistano gli stessi diritti ed assumono i medesimi doveri.
• dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e
materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione.
• entrambi i coniugi devono contribuire ai bisogni della famiglia, in relazione alle
proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo.
art.144: i coniugi si accordano sull’indirizzo della vita familiare e fissano la residenza della
famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa.
La misura dei doveri è rimessa ai coniugi, purché non sia negata in radice:
art.160: i diritti e i doveri dei coniugi, di cui agli artt.143, 147, 148 sono inderogabili.
[Il senso della disciplina sta in questo: il legislatore detta un'impalcatura dei rapporti di doverosità
fra i coniugi, i quali sono poi tenuti a darvi un contenuto.]
I doveri nascenti dal matrimonio sono di due tipi:
· quelli che nascono tra i coniugi, che andrebbero tuttavia definiti obblighi, e non doveri.
· quelli che nascono nei confronti dei figli, ovvero i doveri genitoriali, che non nascono
propriamente dal matrimonio ma dal rapporto di filiazione.
Riguardo ai doveri nei confronti dei figli:
art.147: il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l'obbligo di mantenere, istruire ed educare la
prole tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli.
Ciascuno dei coniugi deve adempiere a questi obblighi in proporzione alle rispettive sostanze. In
mancanza, provvedono gli ascendenti, legittimi o naturali.
• RAPPORTI PATRIMONIALI
Sono richiamati i principi della Costituzione relativi all’uguaglianza: dalla riforma del 1975, opera
automaticamente il regime di comunione dei beni.
[Non vincolante, i coniugi possono derogarvi, ex art.159]
REGIMI PATRIMONIALI:
• comunione (legale) dei beni: tutti i beni acquisiti, insieme o separatamente, durante
il matrimonio, compresi i proventi di attività separata, appartengono ad entrambi in
comunione, e con essi anche i frutti pervenuti dopo il matrimonio e le aziende gestite
da entrambi, se costituite dopo il matrimonio (art.177 a-d)
Sono esclusi dalla comunione i beni personali (art.179 a-f)
L’amministrazione dei beni della comunione spetta disgiuntamente ad entrambi i
coniugi, mentre spettano congiuntamente ad entrambi il compimento degli atti di
straordinaria amministrazione e la stipula dei contratti con i quali si concedono o si
acquistano diritti personali di godimento (art.180)
La comunione si scioglie per la dichiarazione di assenza o di morte presunta di uno
dei coniugi, per l'annullamento, lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del
matrimonio, per la separazione personale e per la separazione giudiziale dei beni, per
mutamento convenzionale di regime, per fallimento di un coniuge (art.191)
[A differenza della comunione della proprietà di cui all'art.1100, qui si ha una comunione degli
acquisti: se non si acquista niente, si ha comunione senza titolarità di alcun bene]
Alessandro Zanini – Privato II (prof.Passagnoli)
• comunione convenzionale: i coniugi possono, mediante convenzione stipulata a
norma dell'art.162 per atto pubblico, modificare il regime della comunione legale,
nel rispetto dell'art.161, ai sensi del quale il contenuto dei patti con i quali intendono
regolare il rapporto deve essere enunciato in modo concreto. Non possono derogare
alle norme relative all'amministrazione, né all'uguaglianza delle quote sui beni in
comunione. (Art.210)
[In sostanza, possono regolare, entro certi limiti, l'oggetto della comunione.]
• separazione dei beni: ciascuno dei coniugi conserva la titolarità esclusiva dei beni
acquisiti durante il matrimonio (art.215)
ne diventa pieno proprietario ed esclusivo amministratore (art.217 co.I)
Ciascun coniuge risponde secondo le regole del mandato se ha ricevuto dall’altro
procura ad amministrare i suoi beni personali (art.217 co.II)
secondo le regole dell’usufrutto se gode dei beni dell’altro coniuge (art.218)
La comunione legale dei beni può essere sciolta mediante separazione giudiziale dei beni:
• per interdizione, inabilitazione o cattiva amministrazione
• per condotta di un coniuge pregiudizevole per gli interessi dell'altro
• per mancata contribuzione ex art.143
su richiesta di uno dei coniugi. Gli effetti della pronuncia retroagiscono al giorno in cui è stata
proposta la domanda e instaurano il regime di separazione dei beni. (Art.193)
[Si distinguono due livelli di regime patrimoniale:
• regime primario: consiste nell'obbligo di contribuzione, inderogabile
• regime secondario: sono i diversi regimi patrimoniali, di comunione o separazione, i
quali non sono altro che il modo di concretizzazione dell'obbligo di contribuzione]
Fondo patrimoniale: ciascuno o ambedue i coniugi, per atto pubblico, o un terzo, anche per
testamento, possono costituire un fondo patrimoniale, destinando determinati beni, immobili o
mobili iscritti in pubblici registri, o titoli di credito, a far fronte ai bisogni della famiglia. (Art.167)
Tali beni sono vincolati. Salvo che non sia espressamente consentito nell'atto di costituzione, non
possono essere alienati se non con il consenso di entrambi i coniugi, e anche l'autorizzazione del
giudice se vi sono figli minori, comunque solo nei casi di necessità od utilità evidente. (Art.169)
L'amministrazione è svolta secondo le regole della comunione legale.
Impresa familiare: fenomeno diffuso, spesso accompaganto da abusi, rimasto per lungo tempo ai
margini del diritto.
Riforma del 1975, introdotto un art.230 bis:
• salvo che sia configurabile un diverso rapporto (disciplina a carattere residuale)
• il familiare che presta in modo continuativo la sua attività di lavoro nella famiglia o
nell'impresa familiare (presupposti di fatto, non si parla di contratti, non c'è manifestazione
di volontà costitutiva. Se ricorrono questi presupposti, si applica la disciplina)
• ha diritto al mantenimento, partecipa agli utili, ai beni acquistati con essi, agli incrementi, in
proporzione alla quantità e alla qualità del lavoro prestato.
Le decisioni sono prese a maggioranza.
[L'impresa familiare è impresa individuale, a differenza di quella gestita da entrambi i coniugi.]
• si intendono familiari il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo
Alessandro Zanini – Privato II (prof.Passagnoli)
• SEPARAZIONE E DIVORZIO
Qualora il matrimonio diviene intollerabile, i coniugi hanno facoltà di separazione personale.
Ma solo il divorzio cancella gli effetti del matrimonio e ne provoca lo scioglimento.
Nonostante la separazione, le decisioni di maggior interesse relative ai figli continuano ad essere
prese da entrambi i genitori, a norma dell'art.155.
Eventuali obblighi di mantenimento sono quelli posti a carico del coniuge che ha il reddito più alto,
a favore del coniuge che non ha e non può procurarsi reddito attuale.
I coniugi separati possono decidere di riconciliarsi e di riprendere la vita comune: l’atto esteriore
che permette di riprendere il matrimonio, modificando la condizione di separati, è la convivenza.
La separazione personale è di tre specie, ex art.150:
• separazione consensuale
• separazione giudiziale
• separazione di fatto
Il diritto di chiedere la separazione giudiziale o l'omologazione di quella consensuale spetta
esclusivamente ai coniugi.
Separazione consensuale
Art.158: la separazione per il solo consenso dei coniugi non ha effetto senza l'omologazione del
giudice.
Quando l'accordo dei coniugi, relativamente all'affidamento e al mantenimento dei figli, è in
contrasto con l'interesse di questi, il giudice riconvoca i coniugi indicando ad essi le
modificazioni da adottare nell'interesse dei figli, e in caso di inidonea soluzione può rifiutare
lo stato di omologazione.
L'art.158 va interpretato in senso restrittivo. Si deve intendere che la separazione ha:
• contenuto necessario: la separazione in sé e, se ci sono figli, l'accordo relativo al loro
affidamento e mantenimento
• contenuto eventuale: ogni altra legittima (conforme a norme imperative, ordine pubblico,
buon costume) parte dell'accordo, che non costituisce ostacolo all'omologazione
Rispetto al contenuto necessario, l'omologazione è condizione per l'efficacia dell'accordo.
Rispetto al contenuto eventuale, non ha rilievo.
Il senso restrittivo sta nel fatto che il giudice potrà rifiutare l'omologazione solo se manca un idoneo
contenuto necessario.
[Ad esempio, non può il giudice sindacare sul quantum del mantenimento del coniuge debole, come
può invece fare sul quantum degli accordi sui figli.]
Capacità richiesta per convenire un accordo di separazione consensuale è argomento dibattuto.
Si sostiene che il diritto di ricorrere alla separazione non sia diritto personalissimo, in quanto il
rappresentante legale dell'incapace può ricorrere alla separazione giudiziale, e non sarebbe coerente
precludergli la via consensuale. Cioè, è ammessa la decisione nell'an della separazione in generale.
Tesi che sembra confermata, ad esempio, dall’art.119, relativo al diritto del rappresentante di
impugnare il matrimonio.
Alessandro Zanini – Privato II (prof.Passagnoli)
Il procedimento di separazione consensuale consta di due fasi:
• la fase presidenziale, dove il giudice, dopo avere tentato una riconciliazione delle parti,
richiede eventuali modifiche alle disposizioni inerenti la prole. Da qui, si procede d'ufficio.
• la fase camerale, dove si decide concretamente se concedere o meno l’omologazione
attraverso un decreto.
Ai coniugi è concesso un potere di revoca del consenso, sottoposto tuttavia a dei limiti:
· se la revoca del consenso avviene prima della fase presidenziale, essa ha effetto, in quanto
vengono meno i presupposti processuali della domanda.
· se la revoca del consenso avviene dopo la fase presidenziale, invece, essa non ha effetto, dal
momento che risulta impossibile fermare un procedimento che avviene d’ufficio.
Su questo secondo punto, tuttavia, l’incertezza giurisprudenziale è piuttosto forte.
Separazione giudiziale
Art.151 co.I: la separazione giudiziale può essere chiesta quando si verificano, anche
indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi, fatti tali da rendere
intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio alla educazione
della prole.
Si fonda su circostanze oggettive, anche a prescindere da eventuali colpe dei coniugi.
Nella disciplina anteriore, la separazione avveniva per colpa, e costituiva una misura sanzionatoria.
Adesso la separazione è un rimedio oggettivo: caso tipico è la patologia cronica di un coniuge.
Art.151 co.II: se ne ricorrono le circostanze, e ne è fatta richiesta, il giudice dichiara a quale dei due
coniugi sia addebitabile la separazione, in considerazione del suo comportamento contrario
ai doveri che derivano dal matrimonio.
L’addebito della separazione presenta conseguenze di notevole entità:
• art.156 co.I (conseguenze patrimoniali): il giudice, pronunciando la separazione,
stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di
ricevere dall’altro quanto è necessario al suo mantenimento, a patto però che non
abbia adeguati redditi propri.
[Da confrontare con il diritto agli alimenti: oggetto di un’obbligazione che si contrae con il vincolo
di parentela tra alimentante e alimentando. Vi sono tenuti i parenti secondo l’ordine indicato
dall’art. 433, ed è caratterizzato, ex art.438, da due condizioni:
occorre che l’alimentando sia in stato di bisogno e non possa badare da sé al
proprio mantenimento
occorre che l’alimentante abbia i mezzi e sia quindi in grado di mantenere
l’alimentando
Dato che l’obbligazione alimentare è strettamente personale, essa deve essere direttamente
compiuta dall’alimentando, senza che possa essere ceduta o eseguita da terzi, non può costituire
mezzo di soddisfazione dei creditori e non può essere estinta per compensazione.
Gli alimenti corrispondono alle esigenze primarie , compreso l'alloggio.
Il mantenimento corrisponde a quanto necessario per mantenere il tenore di vita tenuto in costanza
di matrimonio.]
• art.548 (conseguenze successorie): il coniuge cui non è stata addebitata la
separazione con sentenza passata in giudicato, ha gli stessi diritti successori del
coniuge non separato. Il coniuge cui è stata addebitata la separazione, invece, ha
diritto soltanto ad un assegno vitalizio se al momento dell’apertura della successione
godeva degli alimenti a carico del coniuge deceduto.
Alessandro Zanini – Privato II (prof.Passagnoli)
Separazione di fatto
Si parla di separazione di fatto, se i coniugi decidono di provare a vivere separatamente.
Continuano ad assolvere ai doveri che derivano dal matrimonio e non si allontanano senza giusta
causa dalla residenza familiare (ex art.143,146).
Viene meno la convivenza (affectio coniugalis), ma permane l’obbligo di coabitazione.
L’art.158 co.I, negherebbe che la separazione di fatto abbia effetti sul piano giuridico.
Ma la Corte costituzionale, definendo, in una sentenza, illegittima una disposizione avente ad
oggetto la separazione di fatto, dimostra al contrario di considerarla giuridicamente rilevante.
Risulta una contraddizione, che tuttavia può essere risolta in questi termini:
la separazione di fatto produce effetti fintanto che le parti coinvolte sono d’accordo su di essi, a
prescindere dall’omologazione e rebus sic stantibus .
Divorzio
Art.149: il matrimonio si scioglie per morte di uno dei coniugi o negli altri casi previsti dalla legge.
Tra gli altri casi previsti dalla legge, la legge 898/'70 disciplina l'istituto del divorzio.
I casi in cui si può ottenere lo scioglimento del matrimonio e la conseguente cessazione dei suoi
effetti civili sono tassativamente elencati all'art. 3:
· uno dei coniugi ha riportato la condanna all’ergastolo o una condanna per reati contro la
famiglia
[In questi casi, si passa automaticamente al divorzio senza che sia necessaria la separazione. Per condanne di
questo tipo, tuttavia, sono necessari anni, quindi passare al divorzio senza separazione si rivela una
prospettiva illusoria che non viene quasi mai a realizzarsi, in quanto postulerebbe la convivenza dei coniugi
fino all’avvenuta condanna]
· pur essendovi assoluzione da questi reati per vizio di mente, il giudice accerta che il coniuge
assolto non è idoneo a mantenere o ricostruire la convivenza familiare.
· vi è separazione giudiziale o consensuale omologata
[Il conseguente stato di separazione deve essersi protratto ininterrottamente per almeno tre anni.]
· uno dei coniugi, cittadino straniero, ha ottenuto all’estero l’annullamento e lo scioglimento
del matrimonio o ha contratto all’estero nuovo matrimonio.
· il matrimonio non è stato consumato.
I rapporti personali tra ex coniugi sono regolati in modo diverso dalla separazione, dato che viene
meno lo status coniugale. Permangono a carico di entrambi i coniugi doveri di natura patrimoniale e
doveri verso i figli.
E' previsto un assegno post-matrimonio, analogo all'assegno di mantenimento.
[In sede divorzile il giudizio di addebitabilità eventualmente dichiarato in sede di separazione perde
di valore, divenendo completamente irrilevante]
[Intervento del giudice: il legislatore ha introdotto la possibilità di un intervento del giudice,
tenuto a dirimere i contrasti sugli affari essenziali della famiglia, e anche a tutelare i figli.
In caso di contrasto su questioni di particolare importanza, ciascuno dei genitori può ricorrere senza
formalità al giudice che, sentiti i genitori ed il figlio, suggerisce le determinazioni che ritiene più
utili nell’interesse del figlio e dell’unità familiare.
Se il contrasto permane, il giudice attribuisce il potere di decisione a quello dei genitori che, nel
caso specifico, ritiene il più idoneo a curare l’interesse del figlio (art. 316, nel titolo sulla potestà)]
Alessandro Zanini – Privato II (prof.Passagnoli)
• AFFIDAMENTO DEI FIGLI
In crisi del matrimonio, ossia divorzio, separazione o nullità, devono essere presi provvedimenti
riguardo ai figli.
Prima dell’approvazione della legge n. 54 del 2006, la disciplina prevedeva che il giudice,
relativamente all’affidamento dei figli, potesse ricorrere a tre modalità:
• affidamento esclusivo, che consiste nella completa sottrazione di uno dei genitori dai
suoi doveri educativi e formativi.
Nei confronti di questo tipo di affidamento la psicologia prima e il diritto poi hanno
manifestato pesante insofferenza, dato che non si capiva il perché uno dei due genitori
avrebbe dovuto perdere l’affidamento della prole. Tale affidamento, infatti, prevedeva che
tutti gli atti venissero compiuti dal coniuge affidatario, a discapito dell’altro che veniva
completamente escluso dall’esercizio della potestà.
• affidamento congiunto, che è stato introdotto dalla Convenzione delle NU del 1989.
La Convenzione ha inciso fortemente sulla nostra disciplina relativa ai minori, in
quanto ha sancito il diritto alla co-genitorialità, ovvero all’integrità delle relazioni
parentali.
• affidamento alternato.
Legge 54/2006, riforma, il legislatore, ha abbracciato un nuovo modello: affidamento condiviso.
Questo modello, ripartendo il tempo da passare con i genitori, assicura la pariteticità del ruolo
genitoriale di entrambi i coniugi. Viene garantito ai figli un rapporto equilibrato e condiviso con i
due genitori, dal punto di vista non solo personale, ma anche patrimoniale, in quanto ciascun
genitore mantiene direttamente il figlio, realizzando in prima persona i suoi interessi.
Il giudice comunque, sia su richiesta che d’ufficio, può affidare l’ordinaria amministrazione ad uno
solo dei genitori.
Uno degli obiettivi raggiunti da questa riforma consiste nell’aver soffocato quella prassi secondo
cui i figli divenivano un mero strumento per ottenere dei vantaggi economici. Attualmente, invece,
l’affidamento condiviso è la regola, mentre quello esclusivo rappresenta l’eccezione, per attuare la
quale vi è onere di giustificazione.
Il giudice è anche tenuto a colpire duramente quel genitore che, utilizzando i figli in maniera
strumentale, domanda l’affidamento esclusivo (art. 155 bis).
Articolo 155 (provvedimenti riguardo ai figli):
· il figlio ha diritto di mantenere un rapporto equo e continuativo con entrambi i genitori e di
conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti.
· il giudice deve adottare i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento
all’interesse morale e materiale di essa, seguendo tali principi:
prioritariamente valuta la possibilità che i figli possano essere affidati ad entrambi i
genitori.
qualora questo non sia possibile stabilisce a quale dei genitori devono essere affidati.
determina i tempi e le modalità con cui la prole deve risiedere presso ogni genitore.
prende atto degli accordi intervenuti tra i genitori.
· la potestà genitoriale spetta ad entrambi i genitori e le decisioni di maggiore importanza sono
assunte di comune accordo da entrambi.
· ciascun genitore provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio
reddito, attraverso la corresponsione di un assegno periodico, che il giudice determina sulla
base di alcuni canoni descritti dal legislatore e che adegua agli indici ISTAT.
Alessandro Zanini – Privato II (prof.Passagnoli)
[L'art.155 è stato ritenuto contraddittorio per un presunto contrasto fra i commi II e IV.
Il secondo comma parla di esclusivo riferimento agli interessi dei figli.
Il quarto comma vincola il giudice ad assegnare a ciascun genitore una misura proporzionale al
reddito, con cui contribuire al mantenimento dei figli.
Si potrebbe interpretare che il giudice non può permettere che un genitore contribuisca in misura
non proporzionale, sia maggiore che minore. La contraddizione si risolve in questo modo:
si deve intendere che è a favore dell'interesse dei figli che un genitore intenda contribuire al
mantenimento in misura maggiore di quanto sarebbe proporzionale al proprio reddito.]
Per prendere i provvedimenti disciplinati dall’art. 155 il giudice, ai sensi dell'art.155 sexies, può
assumere mezzi di prova e ascoltare il figlio minore, se ha almeno dodici anni o è comunque capace
di discernere. Il giudice ha inoltre il potere di rinviare la propria decisione, consentendo ai coniugi,
anche coadiuvati da esperti, di trovare autonomamente un accordo.
In ogni tempo i genitori hanno diritto di domandare la revisione delle disposizioni concernenti
l’affidamento, l’esercizio della potestà e le modalità di contribuzione (art.155 ter).
Art.155 bis (affidamento esclusivo):
• il giudice può disporre l’affidamento ad uno solo dei coniugi qualora lo ritenga più
consono all’interesse della prole.
• ciascuno dei genitori può domandare l’affidamento esclusivo qualora ritenga
contrario all’interesse dei figli l’affidamento all’altro. Tuttavia, se la domanda risulta
completamente infondata, il giudice può considerare il comportamento del genitore
in sede di decisione dei provvedimenti.
[L'affidamento esclusivo deve essere giustificato; è stato rovesciato il rapporto fra i modelli]
Art.155 quater (assegnazione della casa familiare):
• il giudice assegna il godimento della casa familiare esclusivamente in funzione
dell’interesse del figlio.
• il diritto al godimento della casa familiare viene meno se il genitore assegnatario non
abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare, conviva more uxorio o
contragga un nuovo matrimonio.
Questo provvedimento del legislatore, anche se in prima battuta potrebbe sembrare sanzionatorio
del comportamento del genitore assegnatario, in realtà nasce dalla volontà di proteggere il diritto di
proprietà della casa familiare del genitore non affidatario.
[Questione di legittimità, per violazione dell’art.3 Cost.
Risulterebbe una disparità di trattamento tra quei minori il cui genitore collocatario si sposa o
riavvia una convivenza more uxorio e quei minori il cui genitore collocatario, al contrario, non lo fa.
Oltre a questo, si costituirebbe un pesante freno alla libertà di sposarsi o di iniziare una nuova
convivenza more uxorio.
Questione di legittimità costituzionale dell'art.155 quater, nella parte in cui non ha previsto che il
giudice possa valutare se la nuova situazione lede o non lede l'interesse del figlio e, nel caso che
non la leda, che disponga il mantenimento della casa familiare.
La Corte, tuttavia, ha rigettato la questione di legittimità: l’articolo può essere interpretato in
maniera costituzionalmente legittima, si deve intendere che il giudice ha il potere di valutare se la
nuova situazione lede o non lede gli interessi del figlio. Sentenza 308/2008]
Alessandro Zanini – Privato II (prof.Passagnoli)
2) FILIAZIONE
La disciplina relativa all’accertamento del rapporto di parentela che lega genitori e figli.
La riforma del 1975 ha apportato notevoli modifiche alla disciplina della filiazione.
Esistono due tipi di filiazione, che tuttavia presentano effetti praticamente uguali:
• filiazione legittima, ovvero filiazione avvenuta in costanza di matrimonio.
• filiazione naturale, ovvero filiazione avvenuta fuori dal matrimonio.
Operano automaticamente due presunzioni:
• presunzione di paternità del marito (art. 231), per la quale chi è concepito durante il
matrimonio si presume figlio della persona con la quale la madre è sposata.
Questa presunzione può essere contestata con l'azione di disconoscimento della paternità, ammessa solo in
casi determinati (art. 235):
▪ se non vi è stata coabitazione tra i coniugi nel periodo compreso tra il trecentesimo e
il centottantesimo giorno prima della nascita.
▪ se in quel periodo il marito era affetto da impotenza.
▪ se la moglie ha commesso adulterio o ha tenuto celata al marito la propria
gravidanza e la nascita del figlio.
L'azione di disconoscimento della paternità può essere esercitata dalla madre entro sei mesi dalla nascita, dal
padre entro un anno dal giorno in cui ha notizia della nascita, dal figlio entro un anno dalla maggiore età,
oppure entro un anno dalla scoperta dei fatti che rendono ammissibile la domanda di disconoscimento.]
• presunzione di concepimento durante il matrimonio (art. 232), per la quale si considera
concepito durante il matrimonio il figlio che nasce:
▪ dopo centottanta giorni dalla celebrazione.
▪ entro trecento giorni dallo scioglimento.
Se il figlio nasce prima dei centottanta giorni si presume ancora che sia figlio del coniuge della
madre (art. 233)
Se nasce dopo i trecento giorni, si presume non legittimo (art.234)
[La madre è sempre certa: tuttavia anche tale presunzione può essere vinta con le azioni di
contestazione della legittimità (es. per sostituzione di neonato)]
Le azioni di contestazione della legittimità hanno anche lo scopo di escludere la legittimità quando
il matrimonio era nullo o quando il figlio era nato in periodo diverso da quello legittimo.
Sono imprescrittibili e spettano a chi risulti genitore o a chiunque vi abbia interesse (art. 248).
Il figlio, per reclamare la legittimità, deve provare la maternità e la paternità, il concepimento in
costanza di matrimonio e l’esistenza di un matrimonio tra i genitori.
Si può provare la legittimità, ex art.238, con:
• l'atto di nascita di figlio legittimo
• il possesso di stato di figlio legittimo, indicando che il figlio viveva in una situazione dalla
quale si può presumere la legittimità
Alessandro Zanini – Privato II (prof.Passagnoli)
LEGITTIMAZIONE
Il figlio naturale può acquistare la legittimità principalmente in due modi:
• legittimazione per susseguente matrimonio (art.283), ovvero quando i genitori del
figlio si uniscono in matrimonio dopo la sua nascita. Gli effetti di tale legittimazione
decorrono dalla data del matrimonio, se il figlio era stato riconosciuto prima o
contestualmente al matrimonio, o dalla data del riconoscimento, se il figlio viene
riconosciuto successivamente.
• legittimazione per provvedimento del giudice (art.284), che può essere concessa solo a
patto che non contrasti con gli interessi del figlio, e ad altre condizioni.
[Tale legittimazione non impedisce l’azione ordinaria per la contestazione dello stato di figlio
legittimo o legittimato (art.289)]
POTESTA' DEI GENITORI
Art.147: il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l'obbligo di mantenere, istruire ed educare la
prole, tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli.
La potestà è il potere/dovere con il quale i genitori adempiono a questo obbligo.
Con la riforma del 1975, è stato abolito il concetto di patria potestas:
art.316 co.II: la potestà dei genitori viene esercitata di comune accordo dal padre e dalla madre.
[In caso di contrasti, è previsto un ricorso senza formalità al giudice.]
La potestà deve essere esercitata congiuntamente anche in caso di separazione o divorzio, a meno
che la lontananza, l’incapacità o un altro impedimento ne rendano impossibile l’esercizio a uno dei
genitori. (Art.317)
La potestà sul figlio naturale spetta al genitore che lo abbia riconosciuto (art.317 bis), tuttavia:
• se i genitori convivono, ed entrambi lo riconoscono, la potestà spetta ad entrambi.
• se i genitori non convivono la potestà spetta al genitore convivente con il figlio.
• se nessuno convive con il figlio, la potestà spetta al genitore che lo ha riconosciuto
per primo.
[Al giudice è comunque data facoltà di disporre diversamente nell'esclusivo interesse del figlio.]
Per violazione dei doveri, il genitore inadempiente può essere privato della potestà. (art.330 co.I)
In casi gravi (art.330 co.II) oppure in casi meno gravi ma comunque pregiudizievoli per il figlio
(art.333 co.I), il giudice può ordinare l’allontanamento del minore dalla residenza familiare oppure
l’allontanamento del genitore o del convivente che maltratta o abusa del minore.
Tali provvedimenti sono revocabili in qualsiasi momento (art.333 co.II).
Alessandro Zanini – Privato II (prof.Passagnoli)
ADOZIONE
▪ Adozione di maggiorenne
L’adozione di persone maggiorenni presenta quasi esclusivamente scopi di carattere patrimoniale:
consentire a chi non ha figli propri di realizzare la successione del patrimonio e del nome.
L’adottante non deve avere discendenti legittimi o legittimati, deve aver compiuto almeno
trentacinque anni e devono esservi almeno diciotto anni di differenza tra adottante e adottando.
Figli nati fuori dal matrimonio (figli naturali) non possono essere adottati dai loro genitori.
[In tal modo li renderebbero legittimati]
Per l’adozione viene richiesto il consenso di:
• adottante e adottando, art.296
• genitori adottando, art.297 co.I
• coniuge, se non separato, dell’adottante e dell'adottando, art.297 co.I
Il tribunale può comunque pronunziare l’adozione, su istanza dell'adottando, (art.297 co.II) se:
• ritiene ingiustificato o contrario all’interesse dell’adottando il rifiuto, purché questo
non venga dai genitori esercenti patria potestà, o dal coniuge convivente
dell’adottante o dell’adottando
• non è possibile ottenere l’assenso per incapacità o irreperibilità delle persone
chiamate ad esprimerlo
L’adozione produce i suoi effetti dalla data del decreto del tribunale che la pronuncia, ma fintanto
che il decreto non viene emanato, sia l’adottante che l’adottando possono revocare il loro consenso.
(Art.298)
Non si instaurano rapporti tra l’adottando e i parenti dell’adottante.
Il legame che si costituisce tra adottante e adottando equivale a quello della filiazione legittima.
Ma art.304: la adozione non attribuisce all'adottante alcun diritto di successione.
La revoca dell’adozione può essere pronunciata dal tribunale:
• per indegnità dell’adottando su istanza dell’adottante (art.306).
• per indegnità dell’adottante su istanza dell’adottando (art.307).
▪ Adozione del minorenne
[La l. 184/'83 ha disciplinato per la prima volta in modo organico l’affidamento familiare.
Scopo è quello di far fronte alle difficoltà temporanee della famiglia d’origine. Istituto assistenziale.
Carattere temporaneo: il minore viene affidato ad un’altra famiglia, che provvede al suo
mantenimento ed educazione, in vista di un’auspicabile ritorno del minore alla propria famiglia.]
Se la famiglia è del tutto inidonea ad occuparsi del figlio, il quale si trova in stato di abbandono, il
minore può essere adottato da un’altra famiglia idonea.
L’adozione è ammessa solo a favore dei minori che si trovino in stato di abbandono materiale o
morale, non dovuto a difficoltà temporanee della famiglia d’origine.
Alessandro Zanini – Privato II (prof.Passagnoli)
Gli adottanti devono possedere le seguenti caratteristiche:
• devono essere una coppia di coniugi sposati da almeno tre anni e non separati.
• devono avere un’età che superi di almeno diciotto anni e di non più di quaranta quella
dell’adottando.
[La Corte costituzionale, ritenendo restrittivi tali limiti di età, ha rimosso sia l’invalicabilità del
limite inferiore sia quella del limite superiore, riservando al giudice di decidere a seconda della
fattispecie.]
L’adozione, nel caso in cui il minore abbia compiuto i quattordici anni, necessita del suo consenso e
viene disposta dal tribunale per i minorenni a conclusione di un procedimento volto ad accertare sia
lo stato di abbandono del minore, sia l’idoneità degli adottanti. L'adozione interrompe ogni rapporto
tra il minore e la sua famiglia d’origine e lo inserisce, come figlio legittimo, nella famiglia adottiva,
con pienezza di rapporti anche nei confronti dei parenti.
▪ Adozione internazionale
La difficoltà e le lungaggini del procedimento adottivo hanno spinto le coppie che volevano
adottare un figlio a rivolgersi all’estero, in paesi dove l’adozione risultava più facilmente
realizzabile.
Intervento del legislatore per prevenire il traffico di minori, l. 184/'83.
Attualmente per adottare un minore straniero è necessario seguire la seguente procedura:
• i coniugi che intendono procedere all’adozione devono farne istanza al tribunale dei
minorenni, il quale accerta se sussistano i requisiti per adottare.
• i coniugi devono conferire l’incarico per l’espletamento della procedura ad uno degli enti
appositamente autorizzati.
• l’ente, espletata la procedura, trasmette ogni dato utile alla commissione che deve vagliare la
situazione, e questa autorizza l’adozione.
Alessandro Zanini – Privato II (prof.Passagnoli)
FILIAZIONE NATURALE
Il riconoscimento di un figlio nato al di fuori del matrimonio crea immediatamente obblighi di
assistenza, di educazione e di istruzione identici a quelli dei figli legittimi. (Art.261)
Ma chi genera un figlio al di fuori del matrimonio non è obbligato a riconoscerlo come suo.
Il figlio non riconosciuto risulta figlio di ignoti, e gli viene a dato un nome di fantasia.
Per istituire un rapporto di filiazione (naturale) con il figlio, è necessario un atto solenne:
il riconoscimento di figlio naturale.
▪ Riconoscimento
Il riconoscimento può essere fatto (art.254):
• con l’atto di nascita.
• con un’apposita dichiarazione, posteriore alla nascita.
• con un atto pubblico.
• con il testamento, qualunque sia la sua forma.
Il figlio naturale può essere riconosciuto sia congiuntamente che separatamente, anche se all’epoca
del concepimento i genitori erano già uniti in matrimonio con un’altra persona. (Art.250 co.I)
Il riconoscimento presenta le seguenti caratteristiche:
• non vi si possono opporre condizioni.
• non si può fare per interposta persona.
• non si può revocare . (Art.256)
• produce effetti solo riguardo al genitore da cui è fatto. (Art.258 co.I)
• non può contenere indicazioni relative all’altro genitore. (Art.258 co.II)
Non può essere fatto da genitori che non abbiano compiuto sedici anni. (Art.250 co.V)
Il riconoscimento del figlio che ha compiuto sedici anni:
• non produce effetto senza il suo assenso. (Art.250 co.II)
• non può avvenire senza il consenso dell’altro genitore che abbia già effettuato il
riconoscimento. (art.250 co.III)
[Il consenso dell'altro genitore non può essere rifiutato se il riconoscimento risponde all’interesse
del figlio, art.250 co.IV.]
Il riconoscimento può essere impugnato:
• per difetto di veridicità, da riconoscente, riconosciuto e chiunque vi abbia interesse.
L'azione imprescrittibile. (Art.263)
• per violenza , dall'autore del riconoscimento.
L'azione si prescrive in un anno dal giorno in cui la violenza è cessata. (art. 265)
• per effetto di interdizione giudiziale, dall'autore del riconoscimento.
L'azione si prescrive in un anno dalla data della revoca dell’interdizione. (art.266)
Alessandro Zanini – Privato II (prof.Passagnoli)
▪ Dichiarazione giudiziale
L’inerzia del padre, della madre o di entrambi, può essere vinta da parte del figlio che vuole sia
accertata la paternità o la maternità.
La paternità e la maternità naturale possono essere giudizialmente dichiarate nei casi in cui è
ammesso il riconoscimento. (Art. 269)
L’azione per ottenere tale dichiarazione ammette qualsiasi tipo di prova, è imprescrittibile e può
essere proseguita dai discendenti. (Art.270)
La sentenza produce gli stessi effetti del riconoscimento. (Art.277)
Nel caso in cui non si possa proporre l’azione, il figlio può comunque agire per richiedere
l’assistenza materiale dai genitori naturali. (Art. 279)
[Figli adulterini e incestuosi: i figli nati da una relazione extraconiugale (adulterini) si possono
riconoscere e possono anche essere inseriti nella famiglia, art.252.
Non è ammissibile il riconoscimento dei figli incestuosi, art.251.
Si fa tuttavia eccezione:
• per il caso in cui i genitori al tempo del riconoscimento ignorassero il vincolo esistente tra
loro.
• per il caso in cui sia stato dichiarato nullo il matrimonio da cui deriva affinità.
L’eventuale riconoscimento viene autorizzato dal giudice, avuto riguardo all’interesse del figlio e
alla necessità di evitargli qualsiasi pregiudizio, art.251.]
Alessandro Zanini – Privato II (prof.Passagnoli)
AMMINISTRAZIONE DEI BENI DEL MINORE
Art.320: i genitori hanno la rappresentanza legale civile del minore e ne amministrano i beni.
Ma non possono in nessun modo rendersi acquirenti dei beni del minore, pena l’annullabilità
dell’atto, art.323.
I genitori, a meno che non abbiano ottenuto l’autorizzazione del giudice tutelare, e vi sia una
necessità o utilità evidente del figlio, non possono, ex art.320:
• alienare i beni
• ipotecarli o darli in pegno
• accettare (o rinunciare) eredità o legati
• accettare donazioni
• procedere allo scioglimento di comunioni
• contrarre mutui o locazioni ultranovennali
• compiere altri atti eccedenti l’ordinaria amministrazione
• promuovere, transigere e compromettere in arbitri giudizi relativi a tali atti
In caso di conflitti patrimoniali tra i figli soggetti alla stessa potestà, oppure tra di essi e i genitori il
giudice tutelare provvede a nominare ai figli un curatore speciale, art.320.
Il curatore può essere chiesto anche nel caso in cui i genitori non vogliano compiere atti di ordinaria
o straordinaria amministrazione, art.321.
La violazione di tali disposizioni comporta l’annullabilità dell’atto su istanza dei genitori, del figlio
e dei suoi aventi causa o eredi, art.322.
I genitori hanno anche l’usufrutto (legale) dei beni del figlio, i cui frutti sono destinati al
mantenimento della famiglia e all’istruzione e all’educazione dei figli, art. 324.
[Sono esclusi dall’usufrutto:
• i beni acquistati dal figlio con i proventi del proprio lavoro.
• i beni lasciati o donati al figlio per intraprendere una carriera, un’arte o una professione.
• i beni lasciati o donati con la condizione che i genitori esercenti la potestà non ne abbiano
l’usufrutto.
• i beni pervenuti al figlio per eredità o legato e accettati nell’interesse del figlio contro la
volontà dei genitori esercenti la potestà.]
Se il patrimonio del minore è male amministrato, il giudice può dare direttive ai genitori, o
rimuoverli dall’usufrutto nominando un curatore, art.334.
TUTELA
Se entrambi i genitori sono morti o non possono esercitare la potestà, si apre la tutela e al minore
viene nominato un tutore (art.343). Il giudice sceglie il tutore sulla basa della designazione del
genitore che per ultimo ha esercito la potestà, oppure, nel caso in cui questa manchi, sceglie tra gli
ascendenti o gli altri parenti prossimi o affini del minore.
Il tutore, il cui ufficio è gratuito, provvede a redigere l’inventario dei beni del minore, amministra e
impiega i beni con l’autorizzazione del giudice tutelare e rende il conto finale. Nel farlo deve
utilizzare la diligenza del buon padre di famiglia, e risponde dei danni (art.382).
Nel caso in cui vi sia un conflitto di interessi con il tutore, il giudice nomina un protutore, che
presenta le sue stesse caratteristiche.
Alessandro Zanini – Privato II (prof.Passagnoli)